Terzo polo: cosa pensavo, cosa penso.

Il progetto del terzo polo è andato in vacca. I più indicano come fattore decisivo dell’ insuccesso, il carattere dei principali protagonisti, Renzi e Calenda. A mio giudizio, non è così: le ragioni sono riscontrabili nel tipo di processo che si è scelto di adottare per costruire il famigerato “partito unico”.

COSA PENSAVO

Quando iniziai a riflettere sul tema, era l’estate del 2022, e scrissi il pamphlet Bi-populismo, no grazie – manuale d’uso per la costruzione del terzo polo, indicai alcuni requisiti per una sana costruzione di un partito liberal-democratico. Eccoli, in estrema sintesi:

Scioglimento dei partiti promotori, prima di dare corso al processo

Passo indietro di entrambi i protagonisti (Renzi e Calenda) e spazio a volti nuovi

Comitato Costituente formato da personalità e intellettuali perlopiù esterni ai partiti di Azione e Italia Viva

Ampio coinvolgimento oltre il perimetro di Azione e Italia Viva.

Liberazione da ogni residuo di “complesso della sinistra” e “sindrome dell’ex (PD)”

Su questi punti, con un gruppo di amici, demmo vita a un’associazione che chiamammo Costituente Liberal-democratica, e rivolgemmo un appello a Renzi e Calenda. L’appello raccolse rapidamente un numero inatteso di sottoscrizioni, diverse centinaia, così ci accreditammo come soci fondatori di Libdem, l’associazione liberale ispirata da Giannino, De Nicola, Benedetto e Gozi.

Speravamo che Libdem facesse propria la nostra visione e condizionasse in tal senso il processo di costituzione del cosiddetto terzo polo. In effetti, non riuscimmo a portare la nostra visione in Libdem e me che meno Libdem condizionò il processo.

Quei cinque punti restarono lettera morta e il “partito unico” è rimasto una chimera. C’è un rapporto fra le due cose? Chi può dirlo, di certo io sono convinto di sì: in un nascente partito, frutto di accordi fra comitati chiusi e con un’identità sfumata, finiscono inevitabilmente per prevalere i personalismi, così, l’uno più abile che onesto, l’altro più ambizioso che abile, i due protagonisti sono diventati vittima di loro stessi e non si é fatto né il partito unico né il partito nuovo.

COSA PENSO

Quando un progetto non decolla, bisogna avere il coraggio di azzerare e ripartire: le toppe, normalmente, sono peggio del buco (che in questo caso è uno squarcio): bisogna ripartire da un foglio bianco. Come?

A mio giudizio sono ancora, e tanto più, attuali i paletti che ponemmo allora:

Ci vuole un partito nuovo, non un partito unico

Ci vogliono volti nuovi

Bisogna coinvolgere personalità e intellettuali provenienti da diversi ambiti e da diverse aree

Bisogna coinvolgere la più ampia parte di società civile, ben oltre il perimetro di Azione e Italia Viva

Non bisogna costruire il terzo polo, ma, semmai, l’altro polo, davvero alternativo al bi-populismo

Nel frattempo però sono successe delle cose: Giorgia Meloni ha stravinto le elezioni, ha costituito il suo governo, la Russia ha scatenato la guerra contro l’Ucraina.

Lo scenario che si è generato, suggerisce all’ipotetico nascente partito liberal-democratico un posizionamento più coraggioso. Non basta definirsi equidistanti da destra e sinistra, occorre comprendere che il Paese ha bisogno di una svolta, di una nuova fase, di un nuovo patto fondativo: bisogna mettere mano (questa volta davvero) alla seconda repubblica. E’ urgente riformare le istituzioni e ripensare la Costituzione, ovviamente nella sua seconda parte, ma, è ancor più cruciale, anche nella sua prima parte.

Chi può guidare questo processo rifondativo? Di certo non gli eredi dei costruttori della prima repubblica. Se si pensa che la seconda repubblica debba nascere da un’ispirazione liberale, allora la guida politica del processo deve essere presa dal nascente partito liberal-democratico, in alleanza con le forze di governo.

Eh, ma ci sono le elezioni europee. Sì, ci sono le elezioni europee, ma non ci sono gli elettori disposti a votare un accrocchio di gente che si odia, priva di un leader riconosciuto. Ormai avremmo dovuto impararlo: dai partiti nascono le liste elettorali, ma dalle liste elettorali non nascono i partiti.

E allora alle europee che si fa? I Libdem potranno indicare (e magari anche esprimere) candidati di valore nelle diverse liste. Non sarebbe la fine del mondo.

L’umanista

Con oggi inizio una collaborazione con Il Riformista. Ogni lunedì IlRiformista.it pubblicherà una mia pillola. La rubrica si chiama L’umanista.

Perché L’umanista? Perché tratterò temi filosofico-esistenziali in un’ottica pre-politica.

Ecco il link alla prima pillola, quella con cui inauguro la rubrica: vai a Il Riformista.

Coraggio terzo polo, rompi i tabù.

Il mondo é cambiato e le condizioni geopolitiche novecentesche da cui derivò la formula del centrosinistra italiano, sono oggi del tutto superate.

Le riforme istituzionali chiamano il terzo polo a rompere i vecchi tabù e a muoversi su un nuovo posizionamento.

Ne scrivo in questo pezzo pubblicato da Linkiesta.

Il terzo polo e il coraggio di ripartire da un foglio bianco

Il terzo polo di Italia Viva e Azione è finito per sempre. Qualcuno non ci aveva mai creduto davvero. Una storia finita male, ma cominciata anche peggio. Ora si apre un nuovo scenario, forse migliore.

L’esito al contempo drammatico e grottesco della vicenda del partito unico del terzo polo, conferma quanto tutti sanno, ma tanti hanno finto di ignorare: le liste elettorali nascono dai partiti, ma i partiti non nascono dalle liste elettorali. L’esperienza di Più Europa avrebbe pur dovuto insegnare qualcosa nel merito.

Occorre immaginare nuove vie, le riedizioni non possono portare ad alcunché di interessante: con tutto il rispetto per Marattin e Costa, io credo che il loro appello che tanti entusiasmi suscita, non abbia alcuna chance di riavvicinare i mondi di Azione e IV e, se mai riuscisse nell’intento, produrrebbe un’accozzaglia ancor più raccogliticcia della precedente. Questa è una storia finita male, ma cominciata anche peggio, una riedizione rappresenterebbe un dannoso accanimento. Ritengo che queste due sigle non possano ritrovarsi, neppure se “depurate” dei loro leader.

Solo ripartendo dal coraggio del “foglio bianco”, si può generare un nuovo scenario più sano, più innovativo e, speriamo, ricco di volti nuovi. Ciò, ricercando alleanze al di fuori dell’ormai angusta e polverosa cerchia di ex-PD ed ex-Radicali perché un nuovo partito non nasce dai politicismi dei comitati chiusi dei soliti noti, nasce dalla capacità di convogliare energie provenienti da diversi ambiti, promuovendo il confronto e la sintesi. 

Ci vorrà tempo? Sì. E’ proprio così imprescindibile presentare un’accozzaglia alle elezioni europee del 2024? No. Nel frattempo promuoviamo l’approfondimento e il confronto, al fine di delineare un’identità fondata su un posizionamento nuovo. Chi potranno essere gli attori? Non lo so, magari la forza delle cose ci proporrà una soluzione totalmente imprevedibile. Nel frattempo, di certo, seguirò con attenzione ciò che potrebbe nascere attorno a Il Riformista. Un’illusione? Probabile, ormai ci si è fatti il callo.

In questo articolo per Linkiesta, trovi un ragionamento più approfondito.

Terzo polo. Il coraggio di un partito davvero nuovo.

Terzo polo. Renzi ha fatto un passo indietro. E Calenda? Non sarebbe il caso che facesse altrettanto? Si dice “prima i contenuti, poi i leader”, ma il leader impatta sull’identità e sui contenuti, non é un portavoce dell’assemblea. Un partito davvero nuovo vuole volti nuovi, vuole una nuova leadership.

Ma basta? No, ci vuole il coraggio di scelte radicali. In che senso? Ne scrivo su Linkiesta. CLICCA QUI PER LEGGERE L’ARTICOLO.

Migranti, la trappola del terzo polo

L’elezione di Schlein alla segreteria del PD, ha portato entusiasmo fra tanti terzopolisti. Perché? Perché sono convinti che ora, finalmente, si sia aperto lo spazio, le famose praterie, per l’affermazione di una sinistra riformista. Costoro pensano che questo serva al Paese e che questo, fondamentalmente, debba essere il terzo polo. La gran parte di loro sono ex-PD che considerano questa presunta riscossa della sinistra riformista, alla stregua di una rivincita.

Così fra loro torna di moda l’idea di rappresentare in fondo la vera sinistra, quella riformista appunto, ma torna di moda anche quella cultura del nemico, incentrata sul “pensiero contro”, tanto cara alla sinistra. Il nemico oggi é Meloni. Così, alla faccia dell’equidistanza, ci si riscopre pasdaran e pasionarie e si sfila entusiasti a Firenze nel tripudio di bandiere rosse. Così la questione dei migranti, diventa il nuovo pretesto che fa da collante del nuovo “anti”, l’antimelonismo. Con il suo intervento, nel quale sfoggia un’arte oratoria meritevole di menzione, arte che nobilita un Parlamento normalmente un po’ sciatto, Renzi lancia un messaggio politico: la questione dei migranti é la battaglia di una “sinistra umanitaria” che può fare breccia nel PD di Shlein e spalancare le porte di accesso alle famose praterie.

In realtà, la questione dei migranti, con destra e sinistra c’entra nulla: semmai la libera circolazione delle merci e delle persone é un principio liberale, non socialista, così come i veri esperti di muri sono in effetti i regimi comunisti. Guardiamo in Europa. Il governo di centro-destra di Merkel non si é certo distinto per chiusura sul tema dell’immigrazione. Allo stesso modo, il governo socialista di Zapatero (ricordate lo spettacolo di Sabina Guzzanti, Viva Zapatero?) non si certo distinto per apertura sul tema. Ricordiamo le parole del Ministro Corbacho: “Saremo inflessibili con gli illegali: sono cambiate le circostanze e bisogna capirlo. Non perseguitiamo i clandestini, ma l’immigrazione deve essere legale e regolare. Se no si danneggia lo stesso immigrato, che non arriverà mai ad avere diritti. Non è che perché una clandestina sia incinta deve avere il diritto alla regolarizzazione e a non essere espulsa. Mi dispiace, ma se così fosse ci sarebbero donne che si farebbero mettere incinte apposta”.

Il tema dell’immigrazione é un tema trasversale sul quale ricercare una soluzione bipartisan, soluzione che, lo sanno tutti, non può che essere volta a contrastare trafficanti e scafisti e favorire i canali legali. Per fare ciò, é necessario un poderoso sforzo diplomatico straordinario che può avere successo solo se condotto sul piano europeo. Tale sforzo diplomatico deve essere associato a un efficace piano volto a una pacifica e proficua integrazione. Se no, si riesce a fare al massimo ciò che fece nel 2018 il Ministro Minniti: contrastare le ong e favorire il lager libici. Certo che si riduce il flusso, ma a che prezzo? Ricordiamo le parole di Renzi al riguardo: “Se oggi gli sbarchi sono quello che sono (diminuiti drasticamente ndr), il Partito democratico non ha alcuna remora a dire grazie al ministro dell’Interno e al governo per il lavoro straordinario che è stato fatto”.

Ma invece che lavorare a una soluzione bipartisan, si contrappongono slogan: da un lato si promette di spezzare le reni agli scafisti, dall’altro si continua a pensare che la soluzione consista nel posizionare le ong ai confini delle acque territoriali libiche a raccattare naufraghi da portare in Italia e mettere davanti a una Coop a chiedere l’elemosina.

Ha ragione Renzi, il terzo polo deve spezzare il tifo da curve dello stadio, ma per farlo, non deve sventolare il valore dell’umanità, valore ovviamente di per sé condivisibile, ma in effetti vuoto perché non discriminante: qualcuno teorizza forse che bisogna essere disumani? Diciamolo, é un po’ come il valore dell’onestà di grillina memoria, anch’esso ovviamente condivisibile in astratto, ma vuoto perché non discriminante: qualcuno teorizza che sia giusto essere disonesti? Non c’è bisogno della sinistra umanitaria, c’è bisogno di soluzioni, esse sì difficili perché, esse sì, segnano inevitabili discrimini. Il terzo polo pensi a come condizionare in senso liberale l’azione (più che sgangherata) del governo, non a come creare il collante ideologico contro il nuovo nemico.

Se i migranti finiranno per essere il pretesto per affermare la “sinistra umanitaria” e conquistare così parte dell’elettorato pd, posizionando il terzo polo nell’area della sinistra riformista, esso si ritaglierà uno spazio (una piccola radura, non le praterie), ma si auto-condannerà a una sostanziale irrilevanza.

Orrendo antifascismo

Non sopporto più la retorica dell’antifascismo. Chi sono gli antifascisti? Come si comportano?

Sono figlio di un Partigiano. Nome di battaglia: Mino. Combatté sulle alture dell’entroterra del levante ligure. Della sua esperienza partigiana, racconta in un delizioso librino, Quaderno di un Partigiano, che scrisse qualche tempo fa, ormai quasi ottuagenario. Dopo la liberazione l’ANPI di Genova lo guardò con sospetto in quanto di famiglia socialista e non propenso ad accettare il falso storico secondo cui i partigiani erano perlopiù comunisti e l’egemonia che ne derivava. Fu etichettato come social-fascista e cacciato dall’ANPI. Così si comportarono con lui gli antifascisti.

Mia mamma fu profuga istriana. Per fuggire alle foibe dei partigiani del maresciallo Tito, adolescente, lasciò la sua terra coi genitori, approdando a Genova dove appunto conobbe mio padre. Di famiglia sinceramente e saldamente democratica, visse con l’etichetta di “fascista” in quanto profuga istriana. Così si comportarono con lei gli antifascisti.

Durante la mia giovinezza , studente di sinistra, sono stato testimone dell’antifascismo militante: molte teste spaccate e diverse persone uccise, ma “il compagno Tito ce l’ha insegnato, uccidere un fascista non é reato”. Così ho visto comportarsi gli antifascisti.

Oggi nelle università e non solo, da molti é considerato normalissimo (o comunque comprensibile) impedire a personalità di destra di parlare e agli studenti di destra di manifestare. Nessuno muove un dito. Ma se c’é una scazzottata dove le vittime sono di sinistra, allora si mette su il can can. Così si comportano, oggi, gli antifascisti.

Appena governa qualcuno senza l’appoggio della sinistra, sia Berlusconi o sia Meloni, si grida al pericolo fascista e l’urgenza diventa defascistizzare, un po’ come (mi si passi l’ardito parallelismo) per Putin é urgente denazificare. Così si comportano gli antifascisti.

Ogni 24 marzo si onorano le vittime delle Fosse Ardeatine ad opera dei soldati nazisti. Allo stesso modo, ogni 10 febbraio si onorano le vittime delle foibe ad opera dei partigiani comunisti slavi. La prima ricorrenza è considerata sacra e, giustamente, nessuno può permettersi di discuterla. La seconda ricorrenza è invece tuttora accompagnata da una grandinata di distinguo, j’accuse, richieste di “contestualizzazione”, “si, ma” e “si però”. Così si comportano gli antifascisti.

Ma è davvero così difficile onorare senza se e senza ma ogni 24 marzo le vittime delle Fosse Ardeatine e ogni 10 febbraio le vittime delle foibe? È davvero così difficile condannare gli orrori prodotti dal fascismo e dal comunismo? Sì, in Italia è difficile: se ti definisci anti-comunista, sotto sotto, inevitabilmente, sei un po’ fascista. Sì perché in fondo, secondo molti antifascisti, il comunismo sarebbe anche una buona idea, é che é stata applicata male, quindi i regimi comunisti in realtà cosa sono? Ma sono fascisti, ca va sans dir. Per questo Bellanova, in rappresentanza di Italia Viva, partecipa alla manifestazione di Firenze nel tripudio di bandiere rosse “contro ogni fascismo”. Così si comportano gli antifascisti.

L’ossessione nei confronti del nemico e l’identificazione degli avversari politici col nemico, é fondamento di ogni totalitarismo. Per questo sostengo che l’atteggiamento politico con cui si pratica l’antifascismo, é di stampo totalitario.

Per chi bazzica il cosiddetto terzo polo, é venuto il momento di definirsi “democratici e liberali”, quindi, per definizione, distanti da “ogni totalitarismo” e rompere con questo uso orrendo dell’antifascismo.

La tentazione (mortale) dei terzopolisti: rifondare il centrosinistra

Dopo la vittoria di Schlein alle primarie del PD, nel terzo polo tanti vorrebbero “rifondare il centrosinistra” e diventare ciò che “avrebbe dovuto essere il PD”.

Si parla di “praterie”, parola che porta una sfiga pazzesca, di transfughi da accogliere, come se non ci fossero già abbastanza ex-PD fra i dirigenti del terzo polo.

Semmai é necessario fare il contrario e smetterla di fare le anime serie e competenti della sinistra riformista, visione presuntuosa, vecchia e pure antipatica.

Questo atteggiamento da corrente esterna del PD, rappresenta ormai una perversione da consegnare agli studiosi delle nuove patologie psichiche.

Purtroppo, quantomeno a giudicare da ciò che si legge sui social, sono vittima di questa patologia tanti militanti del terzo polo (specie di Italia Viva), ma, purtroppo, anche diversi dirigenti.

Se prevalesse questa opzione, il terzo polo si auto-condannerebbe alla sicura irrilevanza.

Per scongiurare questa triste deriva, può essere molto importante il ruolo di un’associazione di ispirazione autenticamente liberale come LDE nella costruzione del partito cosiddetto unico ed é almeno altrettanto strategico il coinvolgimento di figure (tante) estranee agli steccati dei partiti fondatori.

Staremo a vedere. La buccia di banana é ben disposta sul pavimento.