Per battere il populismo di destra, non basta l’opposizione, ci vuole un’alternativa, oggi lontana dall’affermarsi. Il ruolo del terzo polo.

L’esito delle recenti elezioni regionali ci dice che, nonostante il governo proceda ad alti (pochi) e bassi (tanti), l’elettorato percepisce la presenza di un’opposizione, ma non la proposta di un’alternativa. Ci dice anche che in questo momento il populismo di destra è preferito al populismo di sinistra.

Il sistema democratico italiano ha dunque bisogno di una credibile alternativa che oggi non si rivela agli occhi degli elettori. Essa potrà disvelarsi solo quando si comprenderà che la contraddizione destra/sinistra è insita nel fronte bi-populista e che un’alternativa coerente coi paradigmi 4.0 non può che porsi trasversalmente rispetto ai vecchi steccati.

Chi può lavorare a questa ipotesi? Non di certo chi continua a proporre il proprio posizionamento adottando lo schema destra/sinistra, né chi, più o meno palesemente, sposa la causa populista. L’unica forza che potrebbe esercitare questo ruolo è il cosiddetto terzo polo

Anche per questo qualcuno sperava in un suo exploit, exploit che di certo non si è verificato, anzi. Come mai? La risposta a questo interrogativo ci può essere ispirata osservando il comportamento dei militanti e sostenitori terzopolisti. Quantomeno a giudicare da ciò che scrivono sui social, sembra che molti fra loro non facciano altro che rimpiangere i bei tempi del PD renziano e rimproverare il suo superamento ad opera delle leadership che lo hanno succeduto. Non parlano d’altro che del PD, come quegli innamorati che dicono peste e corna dell’ex, ma, sotto sotto, vorrebbero redimerlo e ricominciare. Probabilmente pensano che il PD sia “una buona idea applicata male”, come tanti pensano, maldestramente, del comunismo. No, il PD non è una buona idea applicata male, era e resta una pessima idea, un’idea fondata sul connubio anti-socialista fra post-comunisti e post- democristianidisinistra. Non poteva che derivarne ciò che ne è derivato: un partito catto-comunista. Chi ha provato a stravolgerne l’identità, particolarmente Matteo Renzi, ha commesso un errore di valutazione politica e di velleitarismo personale: non è vero che, dopo renzi, il PD è cambiato, il PD è tornato ad essere ciò che è sempre stato. Oggi il PD ritrova le sue radici catto-comuniste e, dal suo punto di vista, fa bene a liberarsi delle “scorie del renzismo”: il renzismo non gli é mai appartenuto. 

Eppure tanti terzopilisti non lo comprendono e continuano a rivolgersi alla pletora dei “riformisti del PD”, i vari Gori per intenderci, come se volessero ricostruire il “vero PD” fuori dal PD. Il terzo polo non ha bisogno di altri ex-PD. O si ha la forza di andare oltre, di guardare altrove, di superare questa sindrome dell’ex, o per il terzo polo non c’è futuro.

Vabbè, ma questo tema riguarda la base, i leader sono consapevoli di questa necessità. Davvero? A me non pare proprio e la dimostrazione di ciò è tutta nelle parole che Matteo Renzi ha pronunciato a ridosso delle elezioni regionali: “Nel Pd avevano me e Carlo Calenda che parlavamo di lavoro con industria 4.0 e jobs act, ora hanno gente che dice che bisogna recuperare Lenin, Speranza che dice che bisogna abbattere il neoliberismo. Avevano una Ferrari e l’hanno scambiata con una Twingo”. Non é vero, non é così: il PD non ha mai “avuto” Renzi e Calenda, li ha tollerati malvolentieri perché consentivano di prendere voti al centro, ma in effetti sono sempre stati considerati corpi estranei. Ha dunque ragione Cuperlo quando, rispondendo a Renzi, dice: “La Ferrari non era di nostra proprietà ma ce l’aveva data in leasing la destra. La Twingo la stiamo pagando a rate ma è nostra!”.

Anche la scelta di allearsi col PD in Lazio va inquadrata in quest’ottica: il tatticismo ha prevalso sulla ricerca di identità e posizionamento coerente. Oggi il terzo polo non è equidistante da destra e sinistra: con la sinistra si può alleare, con la destra, di fatto, no, quindi non si può definire “di centro” né “oltre” lo schema destra/sinistra. Esso persevera, di fatto, nel proporre una politica fondata sulla convinzione che l’alternativa al populismo passi attraverso la “redenzione” della sinistra e il ripudio dell’alleanza coi populisti grillini, come se non fosse proprio la cultura politica della sinistra il principale fattore generativo del populismo grillino. Le patetiche ripicche fra i dirigenti terzopolisti e i dirigenti dem sulle responsabilità della disfatta, raccontano del perseverare terzopolista in questo equivoco di fondo.

Affinché il terzo polo possa svolgere il ruolo che gli competerebbe, quello di generare un’alternativa al bi-populismo, Azione e Italia Viva sono quindi chiamati ad andare oltre la loro stessa genesi di ex-PD. L’alternativa non può emergere dentro gli angusti steccati dei partitini che attualmente appartengono all’area del terzo polo: non serve un “partito unico” con due o tre o quattro gambe, serve un “partito nuovo”, davvero nuovo: nuovo posizionamento, nuova organizzazione, nuova leadership. 

Si tratta di una possibilità realistica? A me non pare, ma a volte, si sa, i processi storici procedono indipendentemente dalle volontà dei leader che, in fondo, possono solo accelerarli o rallentarli. Pietro Nenni la chiamava “forza delle cose”. Speriamo che le cose siano davvero abbastanza forti .

One Reply to “Per battere il populismo di destra, non basta l’opposizione, ci vuole un’alternativa, oggi lontana dall’affermarsi. Il ruolo del terzo polo.”

  1. “La Ferrari non era di nostra proprietà ma ce l’aveva data in leasing la destra. La Twingo la stiamo pagando a rate ma è nostra!”.
    La twingo sarà pure di proprietà del pd ma si porta dietro le macerie e le posizioni corporative della difesa dello status quo.
    IL pd ha perso il centro e pure la sinistra.
    L’italia è bloccata dal corporativismo, è difficile dimenticare l’opposizione di Cofferati contro d’alema che voleva riformare l’industria. Di fatto si è instaurato il “quieta non movere et mota quitare.
    Il paradosso tutto italiano è che nel centro destra si va concentrando una volontà di rinnovamento per smuovere il paese dal ristagno, installando sulle corporazioni la sua vocazione plebiscitaria, lasciando intravedere confusamente ma efficace in funzione del cambiamento alcune grandi riforme:
    federalismo fiscale, lotta ai fanulloni, scuola del merito, riforma della giustizia, riforma dei contratti di lavoro, rimessa in discussione dello statuto dei lavoratori( collengando il diritto alla persona e non alle tipologie di lavoro), regolamentazione del diritto di sciopero ecc..ecc..
    il centrodestra è vigile su tutte le crepe del vecchio status quo, punzecchiando quà e là anche la costituzione( vedi presidenzialismo).
    Se il terzo polo non prende nettamente le distanze della linea corporativa del pd , è finito ancora prima di iniziare.
    Se il centro sinistra farà vincere il corporativismo e quindi lo status quo , l’Italia piomberà nel più nero immobilismo.
    fra le macerie del vecchio sistema( idee,poteri, perchè dovrebbe esere il centro sinistra a “salvare l’italia”, avendo sprecato molte occasioni semplicemente per governarla?
    E’ LI CHE IL CENTRO DESTRA STA COSTRUENDO LA SUA EGEMONIA. TUTTI INSIEME CONTRO NON FUNZIONA PIU’.

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