Il discorso che Draghi ha pronunciato in Senato, non lasciava troppo spazio alle conciliazioni. Qualcuno ha interpretato questo eccesso di nettezza come un errore dettato dalla scarsa esperienza politica. Altri invece lo riconducono al carattere schietto dell’uomo e al fatto che tutto sommato si fosse anche rotto le scatole.
Si tratta in entrambi i casi di interpretazioni ingenerose nei confronti di Mario Draghi, raffinato conoscitore delle relazioni politiche e formidabile negoziatore.
No, non è così. La ragione della nettezza del suo discorso va ricondotta a un passaggio del discorso stesso che i più hanno forse sottovalutato: dobbiamo aumentare gli sforzi per combattere le interferenze da parte della Russia nella nostra politica e nella nostra società.
Draghi sapeva benissimo come si sarebbero comportati Conte, Berlusconi e Salvini, sapeva benissimo come avrebbero votato e lo sapeva perché era ha conoscenza delle fortissime pressioni russe alle quali i tre erano (e sono) sottoposti.
Chi l’ha fatta più grossa è certamente Berlusconi, i video in mano all’amico Vladimir devono essere davvero forti: il Berlusca ha tradito se stesso, l’ispirazione originaria di Forza Italia, i tanti liberali che hanno creduto in lui.
La sostanza è che la vicenda della guerra all’Ucraina e la vicenda della guerra al governo Draghi, sono intimamente connesse. Queste due vicende, dal punto di vista dell’effetto che producono, si sommano e generano una clamorosa accelerazione dei processi politici.
Finalmente assistiamo all’inizio del necessario squadernamento del quadro politico, generato dallo sfaldamento dei principali partiti. Il PD non potrà continuare a lungo a tenere insieme al suo interno, i padri nobili del populismo “di sinistra” e le energie liberal che abitano il partito. Dopo la separazione di Renzi e Calenda, credo ci si debba aspettare una frattura anche più consistente. Forza Italia si è sostanzialmente suicidata politicamente. Ciò ha determinato l’uscita di protagonisti del calibro di Carfagna, Gelmini, Brunetta, Cangini e, già prima, Vito. I 5Stelle hanno subito un’emorragia violentissima grazie all’iniziativa di Di Maio. La componente non salviniana della Lega è più timida, ma qualcosa succederà anche lì.
Questo terremoto sposta il confronto politico da campolargodicetrosinistra/centrodestraunito verso bi-populismo/area Draghi. Finalmente si potranno porre le basi per la costruzione di un’alternativa seria e “moderna” alla narrazione populista.
I transfughi del PD (Renzi e Calenda in primis), insieme ai transfughi di Forza Italia, insieme ai transfughi dei 5Stelle, potrebbero dare vita, insieme, a un’iniziativa di portata storica. L’importante è proporsi con un posizionamento inequivocabile: alternativi al bi-populismo, trasversali rispetto allo schema destra/sinistra.
Ora incombono le elezioni e la teoria si scontra con le possibilità pratiche. Ancora una volta il bizantinismo italico genera leggi così complesse da essere inevitabilmente ingiuste: alludo alla raccolta delle firme per poter presentare le liste. Parliamo di 36.000 firme autenticate in presenza, suddivise equamente per collegio, da raccogliere in agosto. Lo definirei un vero e proprio vulnus democratico. Sono esenti dalla raccolta firme: Fratelli di Italia, Lega, Forza Italia, PD, Movimento 5 Stelle, Liberi e Uguali, Italia Viva, Coraggio Italia, Più Europa-Centro Democratico, Noi con l’Italia.
Insomma, Azione (Calenda) e Insieme per il Futuro (Di Maio) dovranno accasarsi con Italia Viva e/o con Più Europa.
Meglio così, questo li obbligherà a parlarsi e a unirsi. Se qualcuno fra costoro si farà invece tentare dal collegio sicuro offerto dal PD, che vada, ma chi ci starà dovrà evitare di cadere nella sindrome dei capponi di Renzo: non è tempo di veti.
Staremo a vedere.