La partita del Quirinale: qualche infortunato esce in barella.

La partita del Quirinale si è conclusa lasciando sul campo qualche infortunato.

In cosa consisteva la partita? La partita vera, che i più hanno finto di non vedere, era la seguente: Draghi sì verso Draghi no. Draghi, un Presidente liberale, trasversale rispetto ai due campi (ricordiamo che iniziò la sua carriera nell’Unione Europea su nomina di Berlusconi), di ispirazione inequivocabilmente “centrista”.

Da questo punto di vista, ogni nome diverso da quello di Draghi, ha rappresentato una declinazione più o meno ipocrita dell’opzione Draghi no. Vediamone alcune.

D’Alema: nel draghismo vedo esplodere l’antipolitica. (13.01.22)

Bersani: Ma il giorno dopo però siamo sicuri di non destabilizzare l’azione del governo? Non possiamo mica andar per farfalle! In politica, quando si tira un filo vien giù il maglione. (19.01.22)

Fassina: Il campo progressista allargato deve puntare a rinforzare l’asse tra Pd e Movimento 5 Stelle. Ed è lì, con loro, che troveremo la convergenza per il successore di Sergio Mattarella. (15.11.21)

Conte: Il Movimento 5 Stelle dice sì a Draghi al Governo e auspica una Presidente della Repubblica donna. (26.01.22)

Salvini: Mi auguro che Draghi continui a fare il Presidente del Consiglio. (28.01.22)

Un fronte troppo ampio per pensare di arrivare a una conta. L’opzione Draghi sì ha perso senza neppure giocarsi la partita, ha perso a tavolino.

Così è diventata cruciale la partita successiva: perdere onorevolmente. L’unico modo consisteva nella ricostruzione dell’asse Draghi-Mattarella e questo è stato fatto fatto. Gli artefici? Per me, Renzi e, soprattutto, Berlusconi, ma questo non è così importante.

Chi resta infortunato sul terreno di gioco? Mi pare che Salvini e Conte, i due principali rappresentanti del populismo nelle sue “diverse” forme, vengano portati fuori in barella, con diagnosi piuttosto impietose.

Conte sta messo peggio perché nel suo partito (che fastidio i giornalisti che continuano a chiamarlo “il Movimento”) la resa dei conti si è aperta, grazie a Di Maio, piaccia o no, politico di razza. Nella Lega, la resa dei conti giace sotto la cenere, ma prima o poi si manifesterà.

Insomma, l’opzione Draghi sì ha perso la partita, ma l’ha persa più che onorevolmente.

Cosa resta di positivo? Lo squadernamento dei due “campi”.

La frattura tra Forza Italia e “Lega di Giorgetti” da un lato e “Lega di Salvini” e Fratelli d’Italia dall’altro (che comunque litigano anche tra loro), appare insanabile. Continuare a parlare di centrodestra fa sorridere, la Meloni lo afferma apertamente.

La spaccatura nel famoso “campo largo”, quello del centrosinistra, è forse meno appariscente, meno distinguibile, più equivoca e complessa. Di certo e in ogni caso, l’alleanza di ferro tra PD e 5Stelle ne esce molto male. Ma gli innamorati delusi non si rassegnano e si fanno guidare da alibi e illusioni. Così il PD potrebbe iniziare a fare il tifo per Di Maio, nuovo fortissimo punto di riferimento dei progressisti. Non tutti gli elettori del PD apprezzerebbero. Forse.

Questo scenario favorisce potentemente la generazione di un polo liberale, alternativo ai due populismi, oltre lo schema destra/sinistra. Questo polo potrebbe parlare a un popolo “non appartenente” che abbraccia un elettorato ampio che si dispiega da quello del PD a quello della Lega, passando evidentemente attraverso Italia Viva e Forza Italia.    

Certo, ci vuole un contenitore che scompagini i vecchi steccati, ma ci vuole soprattutto un leader che sappia trasformare questa idea in qualcosa che scaldi i cuori. 

Osserviamo attenti, aperti e curiosi.

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: