La morte di David Sassoli lascia un vuoto. Non si tratta tanto di un vuoto di contenuti politici, è piuttosto un vuoto di stile. Nel tempo degli slogan da stadio, delle polemiche urlate, delle voci che si sovrappongono l’una sull’altra, lo stile di un politico mai sopra le righe ci mancherà.
Speriamo almeno che sia di ispirazione, anche se le polemiche che sono seguite alla sua morte, particolarmente sulle foto nella camera ardente, non fanno ben sperare.
Tra i tanti malanni generati dal grillismo, ce n’è uno particolarmente insidioso perché poco riconoscibile e dannatamente diffuso: la facile indignazione. Ci si indigna per qualunque cosa, non c’è situazione che non possa essere commentata con la parola più cara al mondo grillino: vergogna. Così assistiamo a una vera e propria gara a chi si indigna di più, dimostrando la propria presunta rettitudine.
Molti politici hanno reso omaggio alla salma di David Sassoli e taluni si sono fatti immortalare. A qualcuno può piacere, ad altri meno, ma davvero ci sono gli estremi per gridare alla vergogna? Si tratta di una prassi in uso da sempre, fin dai tempi dell’omaggio da parte di Almirante alla salma di Berlinguer. Ma con Sassoli no, con Sassoli non si può, così sui social non si è persa l’occasione e in particolare gli interpreti della “vera sinistra”, antenati dei grillini, hanno lanciato il loro grido: vergogna!
Ma siamo così sicuri che la stessa indignazione sarebbe stata procurata, per fare un esempio, dall’immagine di un Bersani contrito davanti alla salma? Io non credo. Non lo credo perché conosco bene il giochino della doppia morale. D’altronde, chiedete a un indignato se debba vergognarsi anche il Presidente Mattarella, la cui foto di fronte alla salma è stata pubblicata dall’account del Quirinale su tutti i social. La risposta sarà un grande classico: eh ma è diverso. Per costoro, venditori di doppia morale, è sempre “diverso”. Diverso un corno: o vale per tutti o per nessuno.

A proposito di Presidenti, anche il tema dell’elezione del Presidente della Repubblica è segnato dall’indignazione. C’è pieno di indignati all’ipotesi della “candidatura” di Silvio Berlusconi, così sui social impazza l’hashtag Noquirisilvio che ricorda i giorni dei girotondini travaglisti e dei loro NoCavDay. Ci spiegano quanto sia importante un Presidente super partes e allo scopo si propongono come esemplari i nomi di Rosy Bindi, Emma Bonino e financo di Bersani. Eh sì, il mio nemico è sempre divisivo, il mio amico è sempre super partes. Io non credo che Berlusconi abbia possibilità concrete di aspirare alla carica di Presidente della Repubblica né auspico che le abbia. Certo che un Presidente come fu Napolitano, per me eccellente, aveva una storia politica divisiva almeno quanto quella di Berlusconi: non solo veniva dall’esperienza del Partito Comunista, ma fu protagonista della campagna comunista antieuropeista. Sì è vero, a destra ci furono dei malumori, ma non ci fu l’ossessiva campagna alla quale assistiamo oggi: a destra talora si soffre di un senso morale forse un po’ debole, ma almeno non doppio. Perché Berlusconi dovrebbe essere meno super partes di quanto non sia stato il Presidente Napolitano? Anche in questo caso la risposta è certa: Eh, ma è diverso.
E’ vero, Napolitano mica faceva i festini con le ragazze. Su questa questione del bacchettonismo catto-comunista, la doppia morale tocca vette inarrivabili: al mondo LGBT deve essere concesso (giustamente) qualunque diritto, ma se a uno piace troppo la figa, allora deve andare in galera. Inclusivi a intermittenza. Eh, ma è diverso.
A proposito, volete riconoscere uno di questi inclusivi parolai? E’ facile, sono quelli che parlano di inclusività, ma in effetti senza un nemico vanno in crisi di identità. Sono quelli che parlano di ponti, ma innalzano muri. Impartiscono lezioni sulla bellezza della diversità, ma tolgono orgogliosamente l’amicizia ai novax. L’astio e la cattiveria con cui costoro guardano al mondo novax, mi ricorda il clima infame che si respirò al tempo di tangentopoli.
Eh, ma è diverso.