Nel mio precedente articolo, ho espresso una certa contrarietà rispetto all’annunciato voto favorevole da parte di Italia Viva per l’autorizzazione a procedere nei confronti dell’ex Ministro Salvini.
Ho cercato di mettere in evidenza la differenza sostanziale tra l’ipotesi di un reato compiuto per vantaggio personale o partitico e l’ipotesi di un reato riscontrato in un atto di Governo. Il secondo caso é per me eccezionalmente più delicato e di ciò mi pare non si tenga sufficientemente conto.
Voglio fare le barricate su questo? No, non condivido la posizione assunta da Italia Viva, ma credo di capirne il senso. Posso sostenere un partito che assume questa posizione? Sí, benché io non la condivida, sì.
La questione sulla quale invece non sono disposto a transigere, riguarda la motivazione che si adduce a sostegno della decisione. Sostanzialmente si dice: il caso Diciotti e il caso Gregoretti sono identici e siccome noi abbiamo votato sì in occasione del caso Diciotti, allora voteremo sì anche sul caso Gregoretti.
Ineccepibile! Che coerenza! Peccato che quando si votò sul caso Diciotti, Italia Viva ancora non esisteva. La motivazione sembra dunque suonare così: siccome abbiamo votato sì quando eravamo PD, votiamo sì ora che siamo Italia Viva.
Ma non doveva essere tutta un’altra storia? Non doveva essere un partito completamente diverso?
Attenzione: non sto dicendo che per dimostrarsi davvero nuovi bisogna votare no, sto dicendo che per dimostrarsi davvero nuovi non si deve rivendicare a giustificazione delle proprie scelte, il proprio passato nel PD.
Questione di lana caprina? No, questione politica di fondo: Italia Viva può darsi la prospettiva di ritagliarsi uno spazio nel centrosinistra oppure di generare l’alternativa al neo-populismo (grillino e leghista). Nel primo caso, rivendicare il proprio passato piddino, va benissimo; nel secondo caso, va malissimo.
Dice, si vabbè ma i parlamentari Vivaci sono quasi totalmente ex-PD. Vero, e questo rappresenta un formidabile punto di debolezza del progetto renziano se davvero si aspira a essere il generatore dell’alternativa e non “il PD dei giusti” o, come ebbe a dire Roberto Giachetti, “il PD che ce l’ha fatta”. Se Italia Viva aspira ad essere il generatore dell’alternativa, allora i suoi parlamentari devono iniziare a porsi come se non fossero unicamente provenienti dal PD e come se fossero già rappresentativi di un campo elettorale ben più ampio di quello del centrosinistra. Difficile? Forse, ma imprescindibile.
Questa vicenda altro non é che la cartina tornasole di una questione di identità politica non ancora pienamente risolta. In Italia Viva convivono oggi, quantomeno tra i suoi sostenitori, le due visioni che più sopra sintetizzavo: c’è chi vuole il PD dei giusti che finalmente interpreta una sinistra moderna per poter battere le destre; c’è chi vuole un partito nuovo, anche nella sua narrazione, distante dai vecchi arnesi ideologici novecenteschi, finalizzato a costruire un’alternativa al neo-populismo, oltre lo schema destra/sinistra.
Si tratta di visioni simili? No, si tratta di visioni incompatibili. Credo che sia venuto il momento di fare chiarezza. Italia Viva lo deve a se stessa e ai suoi sostenitori.
Le questioni dirimenti, rispetto alle quali assumere una posizione inequivocabile, sono sostanzialmente le seguenti:
Il centrosinistra é il “campo naturale” di Italia Viva?
Sì, vogliamo cambiare e rendere più moderno il centrosinistra.
No, la nuova epoca ci chiama a una narrazione trasversale.
Il principale avversario di Italia Viva é la destra?
Sì, le destre continuano a essere il principale avversario.
No, il principale avversario é il neo-populismo, trasversale rispetto a destra/sinistra.
Inutile dire che entrambe le posizioni sono legittime. Non raccontiamoci però che sono compatibili. Bisogna fare una scelta. É una questione di identità.
Si dice che quando il saggio indica la luna, lo stolto si concentra sul dito. Spesso un eccessivo orientamento tattico a discapito di un orientamento strategico, corrisponde all’atteggiamento di chi si concentra sul dito. Occorre guardare alla luna. Ci vuole coraggio, mente libera, mani libere.
Si dica qual é la visione e si tenga dritta la barra del timone, senza troppi timori di rotte nuove e apparentemente sconvenienti. Poi, come si diceva da bambini al termine della conta, chi c’è c’è, chi non c’è non c’è.