La Lega non è di destra

Lo so, è un titolo un po’ incomprensibile, per molti inaccettabile. Attraverso questo titolo voglio stressare un concetto che cerco di argomentare nel seguito.

Le elezioni regionali umbre ci dicono qualcosa  rispetto all’opportunità delle attuali alleanze politiche, ma ci segnalano anche alcuni trend di scenario politico.

La prima considerazione riguarda il trend del Movimento 5 Stelle: perde consensi quando alleato con la Lega (vedi precedenti elezioni regionali), perde consensi quando si presenta in autonomia (vedi elezioni europee), perde consensi quando si presenta in alleanza col PD, come dimostrano appunto le recenti consultazioni regionali umbre.

Sembra che il Movimento 5 Stelle abbia esaurito il suo senso, abbia compiuto la sua missione e non abbia più alcunchè da dare alla vita politica italiana.

E proprio così? In effetti, il populismo in Italia si è affermato grazie al grillismo. La lega, tradendo le sue origini, si è aggregata successivamente al fronte e populista, potenziandone la già presente vocazione autoritaria.

Da sempre e in ogni dove, il populismo ha vita breve: si trasforma in autoritarismo o abilita opzioni autoritarie.

Le passate esperienze totalitarie italiana e tedesca nascono da movimenti populisti. Il fascismo nasce da una costola ribellista della sinistra italiana, sedicente rappresentante del popolo, con una vocazione fortemente “sociale“. La stessa esperienza totalitaria tedesca nasce da un “movimento di popolo“ degenerato in nazional-socialismo. Anche le esperienze populiste dell’America latina raccontano come il populismo abiliti opzioni autoritarie: tutte le esperienze richiamabili al peronismo sono degenerate in regimi totalitari.

Questo ragionamento induce a pensare che il successo della Lega altro non sia che la rappresentazione della degenerazione autoritaria della narrazione grillina.

Per contrastare tale narrazione e tale degenerazione, è necessario mettere mano a una narrazione alternativa: non è certo sufficiente limitarsi a denigrare quella dell’avversario. Occorre superare il “pensiero contro“.

Tale narrazione alternativa deve essere appetibile per qualunque elettore, nessuno escluso, e deve quindi essere trasversale rispetto allo schema destra/sinistra.

In effetti, tanto la narrazione grillina, quanto la sua degenerazione autoritaria in salsa leghista, sono trasversali rispetto allo schema destra/sinistra. Ricordate quando il primo governo Berlusconi prese in esame l’abolizione dell’articolo 18? La sinistra e i sindacati si strinsero attorno all’idea che l’abolizione dell’articolo 18 avrebbe “leso i diritti fondamentali dell’uomo“. È difficile immaginare un’argomentazione più populista di questa. La vocazione assistenzialista grillina viene anche da lì, c’è poco da fare. Ricordate quando quello stesso governo, per l’esattezza attraverso la voce del ministro Dini, lanciò un grido d’allarme rispetto alla sostenibilità del sistema pensionistico? La sinistra e i sindacati si unirono di nuovo nel pensiero contro, proponendo lo slogan “le pensioni non si toccano“. Ancora slogan simili a bufale, ancora populismo. La vocazione assistenzialista della Lega, viene anche da lì, c’è poco da fare. D’altronde, lo stesso giustizialismo grillino affonda le sue radici nel bacchettonismo anti-berlusconiano che fu del PD e in generale della sinistra e nella stessa “questione morale” di berlingueriana memoria. D’altro canto, la stessa questione dei migranti non rappresenta, come invece molti sostengono, un discrimine tra destra e sinistra: la libera circolazione delle merci e delle persone è un principio liberale, non socialista; d’altronde i veri esperti di costruzione di muri sono i regimi comunisti, piaccia o no.

Questo spiega perché così tanti elettori “di sinistra“ scelgono oggi la Lega. Tra una narrazione populista in cui si riconoscono antiche radici “di sinistra” e una non-narrazione, scelgono una narrazione populista.

Esattamente come, qualche tempo fa, tra lo slogan “aboliamo l’ICI“ e lo slogan “smacchiamo il giaguaro”, molti scelsero la prima opzione: meglio una proposta semplice e banale di una non-proposta. Fu così che Bersani riuscì a perdere elezioni che sembravano già vinte, contro un avversario in difficoltà, condannato in via definitiva, isolato in Europa.

Il vero confronto oggi non è tra la sinistra e la destra (o, come si dice per motivi a me misteriosi, tra la sinistra e “le destre”), il vero confronto è tra un’opzione populista e un’opzione che ancora, compiutamente, non c’è.

Le forze tuttora prigioniere dei vecchi steccati, cercano invece una risposta in illusorie e antistoriche alleanze con pezzi del fronte populista. È il caso del PD e della sua voglia di alleanza strutturale coi populisti del Movimento 5 Stelle, è il caso di Forza Italia e del suo vile asservimento alle pulsioni autoritarie leghiste.

Italia Viva è l’unico soggetto politico che ha oggi la realistica possibilità di costruire un’alternativa oltre gli steccati.

Ci vuole però coraggio. Il coraggio di rivolgersi davvero a tutti gli elettori. Il coraggio di una narrazione davvero nuova. Il coraggio di proporre nuove parole. Il coraggio di iniziare davvero una nuova storia, oltre il PD, oltre i suoi stereotipi, oltre la stessa Leopolda.

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