Taluni non riescono proprio a farsi una ragione del fatto che si vada incontro ad un nuovo bipolarismo che non vede più come centrale la contraddizione tra destra e sinistra.
Così in certi ambienti continua a imperversare lo stucchevole dibattito su come ripensare la sinistra, utilizzando spesso l’ormai insopportabile formula retorica “la sinistra deve ripartire da“. Taluni rispondono che la sinistra dovrebbe ripartire dall’alleanza con i 5 stelle. Contenti loro…
La realtà è tutta diversa. Con la caduta del muro di Berlino, il marxismo è caduto in disgrazia insieme al muro. Così la sinistra, orfana di un’ideologia, ha iniziato a guardarsi intorno, ha cercato nuovi appigli, nuove sponde. Così si è fatto ricorso al giustizialismo, al bacchettonismo, alla cultura del nemico (prima Craxi, poi Berlusconi, poi financo Renzi), finendo per riproporre l’idea secondo la quale “essere di sinistra” indicherebbe una superiorità culturale, intellettuale e addirittura morale. Insomma, pur di giustificare la propria esistenza, si è sostituita una categoria politica con una categoria antropologica, pensiero intellettualmente scadente e politicamente pericolosissimo.
No, anche le categorie politiche hanno un ciclo di vita. Facciamocene una ragione.
Eppure c’è chi insiste e continua a contestare a Matteo Renzi, non già l’efficacia delle sue proposte e delle misure del suo governo, ma quanto esse siano etichettabili come “di sinistra”. Basta, non se ne può più. Anche la rivendicazione, talora utilizzata dallo stesso Renzi, della “sinistritá” di iniziative quali le unioni civili e l’attenzione alla gestione del processo migratorio, appare oggi una risposta debole: l’attenzione ai diritti civili, la propensione all’interscambio culturale, la stessa sensibilità verso l’ambiente, non sono esclusive della sinistra, sono temi ampiamente trasversali che appartengono tanto alla cultura della sinistra liberale quanto a quella liberal-democratica.
Oggi ci troviamo di fronte a un nuovo bipolarismo, fondato sul confronto tra il Polo neo-populista, trasversale rispetto allo schema destra/sinistra, e il polo alternativo, ancora tutto da costruire.
Credo che il compito storico di Italia Viva si dipani in questo scenario. Credo che la sua principale missione politica consista proprio nel dare vita a una forza fondata su una narrazione alternativa a quella neo-populista, coerente con i paradigmi dell’epoca 4.0, potenzialmente attraente per qualunque elettore, indipendentemente dalla sua “provenienza politica”.
Se queste considerazioni hanno un senso, allora Italia Viva é chiamata a dare una risposta inequivocabile, spudorata e disarmante a chi chiedesse se Italia Viva sia “di sinistra”: no. No, perché la sua missione non deve consistere nel ripensare la sinistra, ma nel costruire il polo alternativo a quello neo-populista.
Solo così facendo, Italia Viva eviterà il rischio di diventare il partito degli ex-PD e potrà proporsi come il partito dei nuovi protagonisti. Solo così facendo, potrà resistere alla tentazione di diventare il partito del 5% da far pesare al tavolo del centro sinistra e potrà davvero lavorare per diventare il partito del 25% da mettere al servizio della democrazia italiana.
Tutto ciò non é scontato. Vedremo. Confido più in Renzi che nei renziani.