Nei giorni scorsi ho vissuto due esperienze su Twitter. Ve le racconto.
La prima. Ho dato vita a un sondaggio. Il tema riguardava l’alternativa al neo-populismo e poneva la questione di chi dovesse rappresentarne il fulcro: centro-destra, centro-sinistra o una nuova area? Il sondaggio è rimasto online nella settimana successiva al voto europeo e ha raccolto 661 risposte. Dal punto di vista quantitativo, si tratta di un campione non irrilevante; dal punto di vista qualitativo, ho cercato di renderlo equilibrato e significativo, divulgandolo in vari “ambienti”, differenti per vocazione e posizionamento. Ebbene, mi pare che l’esito sia piuttosto interessante: il 13% del campione ritiene che spetti al centro-destra il compito di organizzare l’alternativa al neo-populismo. Non è un dato scontato. Significa che l’identificazione tanto cara alla sinistra di populismo e “destre”, forse è, come penso io, del tutto arbitraria. C’è poi un 30% che ritiene invece che l’alternativa debba fondarsi sul centro-sinistra. A sinistra la cosa si dà per scontata, ma dal sondaggio non sembrerebbe così, sembrerebbe appunto che questa convinzione appartenga a una minoranza, corrispondente al 30% del campione. Il dato certamente più rilevante riguarda la terza opzione: il 57% del campione ritiene che l’alternativa debba nascere da una nuova “area” da costruire. Dal mio punto di vista, questo significa che la narrazione alternativa a quella neo-populista debba andare oltre i vecchi richiami ideali novecenteschi e debba porsi oltre lo schema destra/sinistra.
La seconda. Un mio commento a un post di Barbara Collevecchio ha scatenato un putiferio. Ella nel suo post sosteneva la tesi di D’Alema secondo la quale il mancato pieno successo del PD deriverebbe dall’incapacità di raccogliere il voto degli operai. Ho domandato, un po’ ingenuamente, perché mai fosse così rilevante il voto degli operai. Nei commenti successivi ho specificato che, mentre nel novecento il valore simbolico del voto operaio era di tutta evidenza, oggi esso ha perso peculiarità e non è più o meno rilevante del voto di altre categorie professionali. Non sia mai. Sono stato fatto oggetto di insulti di ogni genere ed anche di un attività extra-twitter da parte di diversi haters. Si è scomodato anche il filosofo del turbo-capitalismo Diego Fusaro che non ha mancato di distorcere il mio pensiero contribuendo all’attività degli odiatori di professione. La sinistra-sinistra è saldamente ancorata ai paradigmi del novecento e si rifiuta categoricamente di guardare all’epoca 4.0, figuriamoci quanto possa essere incline a coglierne la bellezza. E la sinistra più moderata? Si è distinta nel replicare a D’Alema con lo stantio argomento della barca a vela. Il populismo pauperista viene da lì, mettiamocelo bene in testa.
Esperienze diverse che testimoniano, in modo diverso, la necessità di una narrazione alternativa a quella neo-populista. Non si tratta di un vezzo, si tratta di una necessità per la democrazia italiana. Chi può farsene protagonista? Chi può rappresentare la nuova area desiderata dal 57% del campione che ha partecipato al sondaggio? Più Europa? Beh, il suo mancato successo, dopo il precedente delle politiche, dice che Più europa, se davvero vuole farsi carico di questo compito storico, è chiamata a reinventarsi: identità meno sfumata, volti nuovi, organizzazione di qualità. Lo farà? Non credo. Come si dice, lo scopriremo solo vivendo. Nel frattempo, confidiamo in altre iniziative in tal senso.
Nel frattempo ho pubblicato la versione cartacea de Le persone non sono il popolo. Spero di concorrere in questo modo all’elaborazione della narrazione alternativa, quella dall’altra parte della strada. Non è solo importante, dopo le esternazioni di Conte che sembrano preludere alla possibilità di nuove elezioni politiche in tempi piuttosto ravvicinati, diventa probabilmente urgente.
One Reply to “L’alternativa, questa sconosciuta”