Al crocevia delle elezioni europee

L’esito delle elezioni regionali sarde, ha ringalluzzito, sia a destra che a sinistra, chi non si è ancora arreso al nuovo paradigma che supera lo schema destra/sinistra. Costoro sembrano festeggiare la riaffermazione del vecchio bipolarismo. In realtà, pare di tutta evidenza, il primato del confronto resta più che mai quello tra il polo prentaleghista e il polo che non c’è.

L’anomalia non è rappresentata dal nuovo paradigma, ma dalla sostanziale assenza di uno dei due poli.

Eppure Forza Italia e il PD proprio non ne vogliono saperne e lavorano per il ritorno al passato. Forza Italia si produce in un elemosinante tentativo di riconquistare la Lega alla causa della destra; il PD continua a lavorare per forzare le contraddizioni all’interno della maggioranza di governo, come se dall’esplosione di quelle contraddizioni potesse riformularsi il fronte della sinistra.

Forza Italia e PD vivono oggi come reduci di un polveroso passato.

Anche quando riuscissero nel loro intento, si genererebbe un bipolarismo eterogeneo che darebbe voce al populismo tanto nello schieramento di destra, quanto in quello di sinistra. Ciò non farebbe chiarezza rispetto al confronto di fatto in essere e rallenterebbe l’esercizio democratico.

Va riaffermato una volta per tutte: la contraddizione destra/sinistra è oggi ampiamente secondaria rispetto al nuovo confronto nato con l’insorgere del populismo.

Le prossime elezioni europee, da un certo punto di vista, si prestano a fare chiarezza, giacché il vero discrimine non sarà tra destra e sinistra, ma tra europeisti e antieurpeisti.

In quest’ottica, l’iniziativa di Calenda appare coerente. Egli infatti si rivolge a tutti coloro che rifiutano l’idea di un’alleanza con la Lega o coi Cinquestelle. Siamo Europei si è presentata dunque come una lista trasversale rispetto allo schema destra/sinistra. La gran parte dei dirigenti di Forza Italia e del PD, che come si diceva sono tutt’ora prigionieri del vecchio paradigma, dovrebbero quindi ritenersi tagliati fuori da questa opzione. Ma non è così: Matteo Orfini, in qualità di Presidente del PD e in esplicita rappresentanza di tutti i candidati alla segreteria, ha aderito all’opzione calendiana.

L’adesione dell’intero PD, come forza politica, non come singoli individui, marchia Siamo Europei come una lista appartenente allo schieramento di centro-sinistra e ne decreta la fine ancor prima della sua nascita.

L’abbraccio da parte del PD si è rivelato ancora una volta mortale.

Alle elezioni europee, quindi, le forze esplicitamente antieuropeiste, Lega e Cinquestelle, trasversali rispetto allo schema destra/sinistra, saranno contrastate dagli affezionati del vecchio paradigma, PD e Forza Italia, europeisti a intermittenza. Se così sarà, si perderà l’occasione forse storica di fare chiarezza sul nuovo bipolarismo.

C’è però una forza che potrebbe accollarsi quest’onere: Più Europa potrebbe rappresentare una novità dirompente, l’embrione del nascente polo antagonista a quello populista.

Possibile? Si, possibile. A condizione che riesca a farsi percepire come qualcosa di enormemente più ampio di una propaggine radicale, a condizione che sappia attrarre la simpatia e il favore di elettorati diversi, un tempo appartenenti a entrambi gli schieramenti di destra e sinistra, a condizione che superi ogni retorica di sapore settario come ad esempio quella dell’alterità rispetto al mondo, a condizione che non si impantani in vecchie formule organizzative, iperdemocratiche di facciata, che finiscono per premiare la capacità di “marketing interno” sulla capacità di analisi e visione politica.

Allora, in questo caso, Più Europa potrà rivolgersi a quello che oggi appare come un popolo senza casa.

É un popolo nuovo e composito. É il popolo della nuova epoca politica, è un popolo di persone che vogliono sentirsi persone a tutto tondo e senza etichette, sempre, in qualunque stato o fase della vita si trovino. É un popolo di persone che hanno una visione umanistica della vita e, in fondo, una visione ottimistica della natura umana. Persone che desiderano affermarsi ed esprimersi, persone che di fronte ai propri mancati successi, non cercano alibi, persone che sanno ricorrere all’umiltà e all’energia della responsabilità individuale. É un popolo di persone non afflitte dal bisogno del nemico, che sanno affermare se stesse anche senza vivere “contro”, che preferiscono vivere “per”. Non odiano, preferiscono scovare il bello e dargli spazio. Non rivendicano il mondo perfetto, sono consapevoli della contraddittorietà della realtà. É un popolo di persone aperte e inclusive che non per questo si sentono obbligate a definirsi “di sinistra”; é un popolo di persone che sanno rispettare l’autorità, ma non per questo si sentono obbligate a definirsi “di destra”. Sono persone che apprezzano la riforma del lavoro renziana, ma trovano stucchevole il voler a tutti i costi definirla “di sinistra” per giustificarne l’approvazione. Sono persone che vogliono sentirsi libere: possono votare SI al referendum costituzionale senza per questo sentirsi “renziane”; possono votare per il centrodestra senza per questo sentirsi allineate con Salvini; possono sentirsi un po’ liberali e un po’ socialiste senza per questo sentirsi incoerenti; possono ritenersi profondamente laiche e al contempo ispirate dal cristianesimo.

É un popolo di persone che amano i buoni sentimenti e i sani principi, non cedono all’odio verso un nemico in cui incarnare ogni male né verso una “classe sociale” su cui scaricare ogni colpa. 

In fondo si tratta del popolo dei “buonisti” e dei “globalisti”, termini che non assimilano a insulti. É un popolo bellissimo, ma senza casa. Bisogna dargliela. Bisogna costruirla. Bisogna mettersi al lavoro. Dev’essere una casa aperta, le cui salde fondamenta non possono poggiare su riedizioni di partiti o partitini della vecchia epoca. 

Saprà Più Europa essere all’altezza di questo compito?

Saprà farsi casa di questo popolo a partire dalle lezioni europee? Chi vivrà, vedrà.

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