Molti sono rimasti sorpresi dalle polemiche seguite al Festival della Canzone Italiana. Alcuni hanno messo in evidenza come un Ministro della Repubblica non dovrebbe occuparsi di canzonette, altri hanno sottolineato l’effettiva italianità del vincitore, altri ancora hanno rivendicato come nella storia del Festival abbiano partecipato tanti stranieri. Si tratta di una risposta molto debole. La lezione del Festival è un’altra. Quand’ero ragazzo, noi giovani del tempo, non solo quelli impegnati politicamente, direi un po’ tutti, guardavamo al Festival con snobismo, talora con disprezzo. De Andrè e De Gregori di certo non partecipano! – si diceva – è roba da borghesi. Con accenti più o meno forti, la sostanza del giudizio era questa. Perché? Perché il paradigma politico del tempo si fondava, piaccia o no, sul conflitto di classe e quel paradigma consentiva di leggere ogni evento, Festival compreso. E oggi? Oggi quel paradigma ci appare come uno sbiadito ricordo: solo un reduce del passato potrebbe definire “borghese” il festival di San Remo. No, oggi il paradigma non è più quello e la nuova epoca ha spazzato via ogni passata certezza. E allora? Qual è lo sguardo con cui possiamo leggere la realtà, la società nel suo complesso e gli eventi che la raccontano?
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