Perché gli elettori hanno premiato e, a guardare i sondaggi, continuano a premiare il pentaleghismo?
Ho già dato una risposta nell’articolo Solo innovando si può sfidare la corrente: la proposta pentaleghista si fonda su un preciso impianto ideale, mentre la cosiddetta opposizione ne é priva.
In effetti le forze di opposizione sembrano più impegnate nella gestione delle loro dispute interne che nell’elaborazione di una proposta alternativa alla narrazione pentaleghista.
Le uniche elaborazioni politiche sembrano riguardare il polverosissimo dibattito intorno alla ricostruzione della sinistra e quello intorno all’improbabile progetto di costruzione di fronti più o meno repubblicani.
Ma davvero si pensa che la risposta alla narrazione pentaleghista possa limitarsi alla sua denigrazione? La cultura del nemico (ne ho scritto su Strade), del contro, dell’anti, permea da un secolo la politica italiana: essa, nei primi del novecento, ha generato il movimento fascista d’altronde nato al grido di “tanti nemici, tanto onore”; ha caratterizzato il confronto politico del dopoguerra, imperniato sull’antifascismo, sulla propaganda anticapitalista del PCI e sulla proposta di diga anticomunista della DC; a seguito della crisi delle ideologie, é proseguita con criminalizzazioni più personali, prima con l’anticraxismo, poi con l’antiberlusconismo, poi con l’antirenzismo.
Qualcuno pensa davvero che l’antisalvinismo sia sufficiente a battere il pentaleghismo? Qualcuno pensa davvero che per battere il pentaleghismo occorra mettere insieme l’ennesimo “cartello contro”? Qualcuno pensa davvero che la missione politica della cosiddetta opposizione consista nello smacchiare i nuovi giaguari? Purtroppo sì, c’è chi lo pensa. Costoro sono votati a una inevitabile sconfitta.
L’Italia non ha bisogno di opposizione, ha bisogno di alternativa.
Sono cose diverse: l’alternativa non si costruisce partecipando alla gara di chi urla i no più forti, ma di chi propone i si più convincenti.
Non si vince facendo opposizione, si vince proponendo una diversa e convincente narrazione.
Quale soggetto é oggi accreditabile a tale compito?
Qualcuno pensa al PD. Credo che sia giunto il momento di tentare una lettura storica della genesi del PD. Per quanto qualcuno tra i suoi fondatori potesse avere in mente una forza moderna, di stampo liberal-democratico, di fatto, quando nel 2007 il PD prende vita, nasce come integrazione delle ispirazioni politiche del cattolicesimo popolare e del comunismo berlingueriano. Nasce in sostanza dagli eredi di quelle forze, la DC e il PCI, che per decenni hanno tenuto bloccata la democrazia italiana, che proposero (in particolare il PCI) la strategia della Solidarietà Nazionale, passata alla storia come Compromesso Storico, finalizzata a istituzionalizzare il sistema della democrazia bloccata. Nasce come realizzazione, sia pure in piccolo e casalingo, di quella ben oscura visione.
Ciò ha fatto del PD, fin dalla sua nascita, un partito alla permanente ricerca di un’identità. Tale vana ricerca ha portato i dirigenti dem a pescare qua e là un po’ a casaccio qualcosa a cui aggrapparsi: prima il bacchettonismo giustizialista, ora l’iperscientismo, ma l’identità resta indefinita.
Così anche il PD ha finito per aderire a quella cultura del nemico che chiunque, anche privo di identità, può praticare. Da qui le campagne elettorali all’insegna di incommentabili slogan quali “smacchiamo il giaguaro”. I possibili futuri leader, Zingaretti e Martina, appartengono a pieno titolo a questa tradizione culturale, assolutamente ostativa a qualunque possibilità di rappresentare una credibile alternativa al pentaleghismo. No, il PD non é oggi un soggetto credibile per un compito così arduo.
E Renzi? Certo, negli ultimi anni Renzi ha cercato di dare al PD una diversa cultura politica. L’intento é stato anche apprezzabile, ma certamente si é rivelato velleitario. Gli stessi dirigenti territoriali “renziani” erano in gran parte ex comunisti ed ex democristiani, convertiti al renzismo per convenienza tattica, non per convinzione valoriale e strategica. Anche per questo la cultura del partito non é granché cambiata e nel momento della difficolta si é ritrovato solo.
Si parla di una sua volontà, da lui peraltro smentita, di dare vita a una nuova formazione politica. A me pare fuori tempo massimo. Egli ha fallito nel tentativo di trasformare la cultura politica del PD, non se ne é reso pienamente conto e ha diabolicamente perseverato e tuttora persevera in un intento oggi divenuto incomprensibile. Durante la sua esperienza di governo, ha cercato di recuperare gli scettici del suo partito, spiegando goffamente quanto fossero “di sinistra” le misure del suo governo, dimostrando di essere ancora prigioniero degli steccati di quel vecchio paradigma politico che gli stessi grillini hanno sgretolato. Ha cercato la sua consacrazione con un referendum “solo contro tutti”, scelta che, trattandosi di materia costituzionale, fu quantomeno discutibile, oltre che evidentemente fallimentare.
Matteo Renzi può rappresentare una risorsa preziosa per il sistema democratico italiano; un po’ di rispetto gli é anche dovuto per l’indecente violenza con cui é stato combattuto dai pentaleghisti oltre che da parte non irrilevante dei suoi stessi compagni di partito. Ma oggi é un leader debole che deve la sua debolezza alla miopia e al velleitarismo delle sue più importanti scelte politiche. Una sua nuova attiva partecipazione, un suo nuovo contributo, non può certo esprimersi con la leadership di un nuovo soggetto.
E allora chi? Chi può accreditarsi al compito di costruire l’alternativa al pentaleghismo? Forza Italia? Un partito tuttora prigioniero dei vecchi steccati? Così tanto ancorato al vecchio paradigma politico, da continuare a cullare l’illusione di ricostruire il Polo della Libertà insieme alla Lega? No, di certo no.
E allora chi? Quali sono gli altri soggetti in campo?
L’unico che oggi potrebbe generare una scintilla sembra essere +Europa, ma anche in questo caso nulla é scontato.
+Europa nasce su iniziativa di tre componenti: Radicali Italiani (Emma Bonino), Centro Democratico (Bruno Tabacci) e Forza Europa (Benedetto Della Vedova). Tra poco più di un mese avrà luogo il suo congresso fondativo ed evolverà da lista elettorale a partito vero e proprio. Potrà il partito di +Europa rappresentare l’embrione dell’alternativa al pentaleghismo? Si, se nel suo congresso fondativo si affermeranno alcune condizioni a mio giudizio discriminanti.
- Volontà di elaborare una narrazione di società e di futuro alternativa a quella pentaleghista, appetibile indifferentemente a elettori che in passato si sono riconosciuti nel centrodestra o nel centrosinistra.
- Consapevolezza che tale narrazione deve parlare il linguaggio del per e non del contro.
- Collocazione politica “oltre” lo schema destra/sinistra.
Tutto ciò presuppone di andare ben oltre le identità dei singoli soggetti fondatori, inevitabilmente inadatte, vecchie e parziali, ma anche ben oltre l’integrazione delle diverse identità che genererebbe una sorta di “Ulivo bonsai” di cui la democrazia italiana non ha certo bisogno.
C’è una strategia da definire, ma c’è soprattutto un libro da scrivere, un libro che sappia raccontare la bellezza della nuova epoca e le straordinarie opportunità che essa contiene. Almeno i titoli dei capitoli bisogna iniziare a immaginarli.
+Europa, non deluderci.