La vicenda della nave Aquarius della ONG SOS Méditerranée, ha riproposto il tema migranti assestandolo ancora più prepotentemente sul falso binario accoglienza/non accoglienza.
Non è possibile affrontare questo tema senza sgomberare il terreno dalle tante facili certezze che animano i tifosi delle diverse fazioni.
Provo a metterne a fuoco alcune e a scardinare i luoghi comuni che ne derivano.
Il processo di migrazione è mondiale, irreversibile, necessario. E’ soprattutto un processo naturale, quindi non derivante da volontà benevole o malevole. E’ come il fiume che scorre, si può un pochino deviare, si possono costruire anche dighe, ma l’acqua va comunque verso il mare. Inesorabilmente.
Il mare non aiuta il fiume (men che meno “a casa sua”), il fiume non aiuta il mare. Non c’è uno che dà e uno che prende, non c’è il generoso che elargisce e il povero che fruisce: c’è un interscambio che garantisce la sopravvivenza dell’ecosistema. Allo stesso modo, il refrain “aiutiamoli a casa loro” suona retorico e privo di senso: gli abitanti della parte povera del Pianeta servono agli abitanti della parte ricca e viceversa. Pensiamo davvero che il nostro mondo (soprattutto l’Italia, ma non solo) dove i vecchi sono sempre di più e i giovani sempre di meno, possa avere un futuro senza ricorrere alla parte “giovane” del Pianeta? Pensiamo davvero che il cosiddetto terzo mondo possa svilupparsi senza le tecnologie fornite dalla parte ricca del Pianeta? C’è un naturale interscambio, nessuno aiuta alcuno.
Questo processo va gestito. Non va impedito o favorito, va gestito. Porre la questione in termini di muri, prima che essere più o meno antipatico, è velleitario e insostenibile. Allo stesso modo, porre la questione in termini di “umanità”, è altrettanto velleitario e insostenibile, si tratta del rovescio della medaglia. Magari è un lato più accattivante, ma la medaglia è la stessa. Coloro che pongono la questione in termini di umanità, sono normalmente quelli che, più o meno ironicamente, indicano Papa Francesco come “vero leader della sinistra”: il catto-comunismo è duro a morire.
Cosa significa gestire il processo? Nulla di particolarmente originale, bisogna continuare a fare quello che si è sempre fatto e quello che (quasi) tutti i Paesi continuano a fare: definire dei flussi sostenibili, definire dei criteri di accettazione, favorire una migrazione compatibile coi flussi e coi criteri definiti, ostacolare (e respingere) la migrazione incompatibile coi flussi e i criteri definiti. Si, è tutto qui, non c’entrano i muri, non c’entra l’umanità. Occorre gestire nel modo più efficace possibile il processo di interscambio tra paesi ricchi e paesi poveri. Certo, i respingimenti in mare sono tema particolarmente difficile, ma la risposta umanitaristica ed egualitaristica, anche in questo caso, non fa che rafforzare chi propone i blocchi navali.
Per quanto attiene l’Italia, i migranti sono risorsa non solo utile, ma assolutamente imprescindibile. Dalla loro presenza derivano infatti: buona parte della produzione dell’industria manifatturiera a produzione manuale, buona parte dell’economia agricola a basso valore aggiunto, la sostenibilità del nostro “stato sociale” a supporto degli anziani, la sostenibilità del nostro sistema previdenziale, la stessa sostenibilità delle entrate dello Stato. Basta prodursi in un approfondimento superficiale e distratto per averne assoluta conferma. Solo un popolo di ignoranti può ignorarlo, solo un popolo accecato dalla paura può far finta di ignorarlo.
Per quanto attiene l’entità dei flussi e i criteri di accettazione, la prima cosa a cui mettere mano è la revisione della legge Bossi-Fini (due insignificanti moderati al confronto dei bulli odierni). Tale legge prevede criteri talmente stringenti per l’ingresso (tra cui il kafkiano possesso di un “contratto di lavoro preventivo”), da finire inevitabilmente col favorire la migrazione irregolare. Certamente occorre rivedere gli accordi di Dublino che, stipulati da un governo forza-leghista che vedeva Maroni al Ministero degli Interni, cede sovranità insufficiente alla Unione Europea proprio in ragione delle pressioni “sovraniste” dei Salvini e delle Le Pen. Gli stessi che oggi denunciano il poco coinvolgimento della UE nella gestione del processo di migrazione, sono coloro che hanno impedito la cessione di sovranità sul tema.
Con tutto ciò, ecco il grande assente, l’elemento centrale del quale sembrano disinteressarsi tanto i tifosi dell’aiutiamoli a casa loro quanto gli evangelizzatori dell’accoglienza umanitaria: l’integrazione.
Più c’è integrazione, meno viene sentito il disagio sociale; più c’è integrazione, più si “qualifica” l’ingresso; più c’è integrazione, più c’è scambio di valore economico; più c’è integrazione, più c’è scambio di valore culturale. E’ il tema centrale ed è l’unico di cui non si parla. Si parla di muri, di blocchi navali, di umanitarismo ed egualitarismo, ma le politiche per l’integrazione sono le grandi, tragiche assenti.