Vi propongo nel seguito un sintetico estratto di un articolo che ho pubblicato sulla rivista Strade.
Il nuovo paradigma mette al confronto due diverse culture politiche. L’elemento che davvero fa la differenza riguarda un atteggiamento più esistenziale che politico: la nuova epoca richiede infatti il primato della responsabilità individuale sulla responsabilità sociale.
Molti non sono pronti: per alleviare il senso di frustrazione dato dal senso di incertezza, chi meglio di un “nemico” sul quale scaricare ogni responsabilità? La cultura politica del nemico rappresenta l’humus del cosiddetto populismo.
Si tratta di un atteggiamento che affonda le sue radici nella cultura fascista, dove la negazione prevale sull’affermazione. Per questa ragione ha senso parlare di “fascismo 2.0”.
La cultura ribellista ha in soggetti come Travaglio i suoi intellettuali di riferimento, in personaggi come Maurizio Crozza i suoi megafoni televisivi, in leader come Matteo Salvini e Luigi Di Maio i suoi riferimenti politici, in grigi rappresentanti della sinistra arcaica come Michele Emiliano i suoi fiancheggiatori.
Oggi, di fronte alla vittoria del fronte ribellista, cementato dalla cultura del contro, la risposta più distintiva e differenziante è rappresentata dalla proposta di una cultura politica fondata sul “per”.
Ridicolizzare le proposte dei propri competitori è stile che oggi deve contraddistinguere i soli ribellisti. Per contrastare la cultura pentaleghista, non serve organizzare il “fronte contro”, è necessario costruire il “movimento per”.